Capire i bambini

Ormai, con l’arrivo di settembre, le vacanze estive sono agli sgoccioli: da martedì scorso ha riaperto il nido sia per il Terremoto che per la Patata (che deve però fare un inserimento un po’ graduale) e da questo lunedì anche la scuola materna del Nano.

bambinoCon le altre mamme riflettevamo sul fatto che a noi non ci ha mai “inserito” nessuno! Ai tempi nostri non esistevano tutte queste attenzioni ai bambini: anche se io non ho mai frequentato il nido, il primo giorno di scuola materna sono stata mollata lì in mezzo ad altri 20 bambini senza tanti preamboli… Ma i tempi sono cambiati! Ora l’inserimento al nido (d’accordo, sono piccolini!), come quello alla scuola materna, richiedono tanta pazienza e tanta determinazione da parte dei genitori:

  1. i bambini vengono portati lì e si deve restare un po’ con loro prima di lasciarli con le educatrici e con i coetanei;
  2. ai bambini bisogna spiegare che si va via ma poi si tornerà, bisogna salutarli prima di andare via e non sgattaiolare fuori di nascosto;
  3. nel caso in cui il bambino faccia storie o capricci, mostrarsi fermi e decisi e non mettersi a piangere con lui, ecc…

Ora ci si pongono tante domande sul perché e sul percome il bambino fa così anziché colà, bisogna capire perché fa i disegni in un certo modo anziché in un altro, ci si domanda di continuo il perché di certi comportamenti, ecc… Insomma, noi genitori (forse non tutti, ma molti sì!) ci creiamo da soli mille problemi nel tentativo di capire i nostri figli, nel cercare di cogliere segnali e di comprenderne i messaggi subliminali… Ma se un tempo gli adulti nemmeno si chiedevano cosa pensassero i loro figli, mi viene da pensare che certe volte forse noi eccediamo nel senso opposto nel cercare di capirli, soprattutto se lo facciamo con la nostra testa “adulta”. Forse i genitori di una volta erano meno sensibili, ma anche meno fragili. Oggi ci basta un pianto e iniziamo a porci mille domande, a volte colpevolizzandoci per delle nostre carenze genitoriali e altre volte elucubrando sulle mille risposte possibili…

bambino1Ma, come ho imparato dal Nano nemmeno 3enne, una volta che eravamo a passeggio insieme, talvolta le risposte più semplici sono quelle giuste… Quel giorno, dopo che gli avevo ripetuto più volte di non toccare il muro ché è sporco, di non abbracciarsi al palo del semaforo o alle colonne dei portici ché ci fanno la pipì i cani, di non sfiorare tutte le siepi con la mano ché potrebbe farsi male o pungersi, ecc…, esasperata dal suo ostinato sfiorare con la mano tutte le superfici che gli capitavano a tiro, gli ho chiesto “Ma perché devi toccare tutto?”. E lui, senza pensarci nemmeno, mi ha dato la sua motivazione: “Perché sono un bambino, è ovvio!”.

Allora, invece di porci tante domande filosofiche sul comportamento dei nostri figli, razionalizzando risposte “adulte”, forse sarebbe più utile ricordare quello che provavamo noi alla loro età e cercare di ritrovare il contatto con la parte bambina che ognuno di noi ha ancora, spesso sepolta, dentro di sé. Forse solo così, con delle sensazioni più “di pancia”, potremo riscoprire molti dei loro “perché”…